La nuova sfida del clima: l’energia nell’era dei cambiamenti climatici

Il forte legame tra l’energia e i cambiamenti climatici e le azioni da intraprendere per affrontare il problema. Così il settore energetico combatte il riscaldamento globale

 

di Francesca Bernasconi

 

Dallo scioglimento dei ghiacciai, all’aumento delle temperature, fino agli eventi estremi, come uragani e allagamenti, che stanno diventando più intensi e frequenti. Sono tutti effetti del cambiamento climatico, che preoccupa gli esperti di tutto il mondo, impegnati a trovare soluzioni che possano rallentare questa tendenza.

Il cambiamento climatico

Il fenomeno è evidente e i dati mostrano una rivoluzione climatica preoccupante. E la causa, per buona parte, è da attribuire all’uomo e, in particolare, come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) all’uso di combustibili fossili, che rilasciano nell’aria un’enorme quantità di anidride carbonica e altri gas serra, in grado di intrappolare calore.

Così, secondo l’OMS, “negli ultimi 130 anni, il mondo si è riscaldato di circa 0,85°C e ciascuno degli ultimi 3 decenni è stato successivamente più caldo di qualsiasi decennio precedente dal 1850“. La conferma arriva anche dalla NASA, che ha analizzato la variazione della temperatura globale rispetto alle temperature medie 1951-1980. Dal 2001, sono stati registrati 19 dei 20 anni più caldi (l’escluso è il 1998), tra cui il record spetta al 2016. La tendenza, in ogni caso, è in salita.

È dalla rivoluzione industriale che l’uomo contribuisce a modificare il fragile equilibrio del globo, alimentando l’aumento dell’effetto serra, condizionato dalle emissioni di gas nell’aria, derivati soprattutto dalle industrie, dai trasporti e dalla produzione di energia. Questo riscaldamento della temperatura della superficie globale porta con sé diverse conseguenze per il clima. Infatti, il caldo provoca lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, che a sua volta contribuisce all’aumento del livello dei mari, provocando alluvioni e fenomeni di erosione nelle zone costiere. Inoltre, si registrano sempre più eventi climatici estremi, che portano a inondazioni, forti venti e alluvioni. Non solo. Secondo l’Unione Europea, infatti, il cambiamento climatico sta “già avendo un impatto sulla salute“: negli ultimi anni, alcuni luoghi hanno registrato un aumento delle morti dovute al calore e in altri luoghi è avvenuta la stessa cosa per il freddo. Infine, i cambiamenti climatici rappresentano un costo elevato anche per l’economia, dai danni alle case e alle infrastrutture, causati da eventi estremi, fino alle difficoltà del settore agricolo, che deve sottostare alla quantità di precipitazioni e alle temperature.

Energia e clima

Tra cambiamento climatico ed energia vi è un legame forte e sempre più allarmante“. A sottolinearlo è Energia, ambiente e innovazione (EAI), il magazine dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Le fonti fossili, infatti, “provocano il riscaldamento del Pianeta e le sue drammatiche conseguenze”. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), “in tutto il mondo l’uso di energia rappresenta in assoluto la principale fonte di emissioni di gas a effetto serra dovuti all’attività umana“. Infatti, circa i due terzi delle emissioni di gas serra globali sono connessi all’uso di combustibili fossili per la produzione di energia, utile per il riscaldamento, l’elettricità, il trasporto e l’industria.

I dati del Rapporto statistico risalente a luglio 2020, redatto da IEA, Emissioni di CO₂ dalla combustione di carburante: panoramica, mostrano come la produzione di energia sia rimasta “il principale motore di emissioni“. Già nel 2018, le emissioni globali di CO₂ causate dai combustibili fossili avevano raggiunto il massimo storico, arrivando a 33,5 Gt (gigatonnellate) di anidride carbonica, un aumento giustificato dalla crescita della popolazione e dall’attività economica. E, tra tutti i settori, la produzione di energia (riferita alla generazione di elettricità e di calore) era risultata il “principale motore di emissioni“. L’energia, infatti, insieme ai trasporti, rappresentava oltre i due terzi delle emissioni totali del 2018, mentre il restante terzo era da attribuire all’industria.

Nel 2019, le emissioni globali di combustibili fossili sono state leggermente superiori a quelle del 2018, arrivando a 36,7 Gt di CO₂ . Ma, nonostante il leggero aumento, la crescita è rallentata. Secondo i dati dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), nell’ultimo decennio si è assistito al rallentamento di circa l’1% all’anno, rispetto alla crescita annuale del 3% degli anni 2000. Il calo è stato trainato dalla diminuzione delle emissioni di carbonio (-1,7%, rispetto al passaggio dal 2018 al 2019) e dalla crescita dell’utilizzo di energie rinnovabili a livello globale. “La crescita prossima allo zero registrata nel 2019 fa sperare che il trend delle emissioni di CO₂ si stia stabilizzando e che un calo sia all’orizzonte”, precisano gli autori del report Uniti nella scienza 2020. Si attendono “cambiamenti senza precedenti” dai dati relativi al 2020, a causa della pandemia da nuovo coronavirus, che ha messo in crisi il sistema energetico a livello globale, comprese Italia ed Europa, contribuendo a una riduzione delle emissioni durante il periodo del lockdown. “Durante il picco di confinamento all’inizio di aprile 2020- spiegano gli esperti- stimiamo che le emissioni globali giornaliere di CO₂ fossile siano diminuite del 17% rispetto alle stime giornaliere medie nel 2019“.

Al momento, le emissioni causate dai combustibili fossili sono superiori del 62%, rispetto al 1990, anno in cui sono iniziati i negoziati internazionali per affrontare il problema del cambiamento climatico. È il segno che c’è ancora molto da fare, per risolvere la questione legata al clima. L’unica via d’uscita sarebbe quella di un cambiamento dei modelli di consumo, con tecnologie in grado di aumentare l’efficienza energetica e con l’utilizzo di fonti rinnovabili, in sostituzione di quelle fossili.

Una recente analisi dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di ricerca sul cambiamento climatico creato dall’ONU, ha dimostrato l’importanza di attuare immediatamente le azioni necessarie per ridurre l’aumento di emissioni di CO₂ entro i prossimi 10 anni: solo così sarà possibile contenere l’aumento della temperatura media globale, mantenendolo a 1,5°C, come stabilito dall’Accordo di Parigi. Il report analizza gli impatti del riscaldamento di 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali e le differenze con un aumento della temperatura a 2°C. L’IPCC stima che “le attività umane abbiano causato un riscaldamento globale di circa 1,0°C rispetto ai livelli preindustriali, con un intervallo probabile tra 0,8 e 1,2°C. È probabile che il riscaldamento globale raggiungerà 1,5°C tra il 2030 e il 2052 se continuerà ad aumentare al tasso attuale“. Le proiezioni mostrano differenze significative sul clima, a seconda che la temperatura raggiunga gli 1,5°C o i 2°C. Per esempio, se il riscaldamento rimanesse a 1,5°C, ogni cinque anni, il 13,8% della popolazione verrebbe raggiunto da ondate di caldo, mentre nello scenario dei 2°C la percentuale salirebbe a 36,9%. Nella tabella seguente sono riassunti alcuni dati contenuti nel report.

Cosa fare per combattere il cambiamento climatico

I primi passi fatti a livello globale, nel tentativo di rallentare il riscaldamento e il cambiamento climatico risalgono al 1922, quando vennero redatti gli Accordi di Rio, un trattato ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite. Poi, si è verificata un’accelerazione in campo ambientale, culminata nell’Accordo di Parigi, un patto comune e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza sul clima del dicembre 2015. In quell’occasione, i governi di 195 Paesi si erano accordati per “mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine” e “puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici“. Oltre a questi due obiettivi, fondamentale era considerato anche raggiungere nel più breve tempo possibile “il picco globale delle emissioni di gas serra”, così da raggiungere la “neutralità climatica”.

Il Rapporto speciale dell’IPCC suggerisce alcune azioni utili a limitare il riscaldamento globale. Innanzi tutto, per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C saranno necessarietransizioni rapide e su vasta scala in fatto di energia, suolo, sistemi urbani e infrastrutture (compresi trasporti ed edifici) e sistemi industriali (confidenza alta)“. Queste transizioni implicano riduzioni drastiche delle emissioni di gas serra in tutti i settori. Numerosi Paesi si stanno già impegnando in questa direzione e dei miglioramenti sono già stati registrati, anche se la strada è ancora lunga. Secondo le simulazioni dell’IPCC, per un superamento limitato o nullo degli 1,5°C, entro il 2030, le emissioni di CO₂ dovrebbero diminuire del 45% rispetto ai livelli del 2010: in questo caso, intorno al 2050 verrebbe raggiunto lo “zero netto“. In caso di riscaldamento a 2°C, si arriverebbe a zero emissioni solamente nel 2075. Per evitare il superamento del limite è fondamentale agire nel settore energetico, con la drastica riduzione dei combustibili fossili e l’utilizzo sempre più diffuso delle fonti rinnovabili. L’uso di energia eolica, solare e idrica, infatti, permette di ridurre le emissioni di CO₂, aprendo uno spiraglio nella lotta al cambiamento climatico.

Ma il legame tra energia e clima è a doppio senso: gli eventi climatici estremi provocano spesso danni ai sistemi energetici, perché le infrastrutture elettriche sono state progettate per condizioni climatiche diverse e meno estreme. Secondo una stima della multinazionale di consulenza strategica McKinsey, nei prossimi 20 anni, un’azienda di medie dimensioni potrebbe perdere fino a 1,7 milioni di dollari tra il mancato guadagno e il costo delle infrastrutture danneggiate dagli eventi climatici. Per questo, diventa fondamentale studiare e pianificare modelli in grado di affrontare i cambiamenti dettati dal clima, rendendo la resilienza climatica parte dello sviluppo infrastrutturale. Per raggiungere questo obiettivo, diventa necessaria la sperimentazione e assume importanza il testing delle strutture, per garantirne l’efficienza e l’affidabilità.

In questo panorama si inserisce CESI, azienda italiana leader mondiale nel campo dell’innovazione tecnologica, della consulenza e del testing per il settore elettrico, in prima linea nella realizzazione di studi mirati all’integrazione efficiente e ottimale delle fonti rinnovabili nelle reti elettriche. Nel numero di dicembre 2019 dell’Energy Journal di CESI si parla di due parole chiave, relative alla lotta contro il cambiamento climatico: mitigazione e adattamento. La prima mira ad implementare le azioni che rallentano l’andamento negativo del cambiamento climatico, mentre il secondo obiettivo può essere raggiunto con “investimenti in infrastrutture, tecnologia e sistemi di prevenzione che ci proteggeranno da eventi climatici estremi”.

E al centro di questa transizione rivoluzionaria sta prendendo posto il settore energetico, che non ha solamente il compito di spingere per la decarbonizzazione e investire nelle fonti rinnovabili. Altro ruolo fondamentale, infatti, sta “nell’indirizzare, gestire e risolvere problemi di sicurezza energetica, causati dagli effetti del cambiamento climatico“. Questo significa che diventeranno figure in prima linea coloro che garantiscono efficienza e affidabilità, dimostrate attraverso test e ispezioni e la certificazione diventerà fondamentale. “Insieme, CESI e KEMA Labs, la Divisione di Testing, Inspection and Certification di CESI, forniscono servizi per tutti i principali componenti dei sistemi di alimentazione – ha specificato l’Amministratore Delegato di CESI, Matteo Codazzi -. Questo nuovo approccio ci consentirà di raggiungere obiettivi che soddisfino in modo efficiente le esigenze dei nostri clienti, utilizzando in tutto il mondo le nostre risorse all’avanguardia e le competenze di alta qualità“.

Affrontare il problema del cambiamento climatico, in relazione al settore energetico si sta rivelando un’impresa tutt’altro che semplice e veloce, ma numerose innovazioni e modelli di energia rinnovabile stanno prendendo forma in tutto il mondo. Per permettere la transizione a un settore energetico sostenibile è fondamentale il sostegno delle azioni governative dei singoli Paesi, che dovrebbero sostenere le iniziative sostenibili e stanziare fondi per la lotta al cambiamento climatico.